I Samurai hanno sempre destato un certo fascino per noi appassionati di arti marziali e non solo loro si intende, in generale tutto ciò che proveniva da oriente e che parlava di lotte, scontri e combattimenti.
Quelli della mia generazione poi, sono cresciuti con Itto Ogami, Gemon, Bruce Lee e tutti quei personaggi che costellavano i manga giapponesi e che rappresentavano quella cultura così distante e misteriosa che tanto ci incuriosiva.
Fin da piccoli abbiamo collezionato o quantomeno avuto “armi” che a quel mondo si riferivano, la Katana, di plastica prima (per carnevale..) di legno poi, magari in palestra.
I Nunchaku, quanti gomiti sono partiti e quante botte in testa o sulla schiena pur di emulare Bruce Lee, io personalmente ad un certo punto ne ho trovato un modello rivestito in gomma piuma il che è stata una salvezza per le mie povere ossa.
Le Shuriken, le stellette dei Ninja, quelle poche volte che riuscivi a farle piantare da qualche parte ti sentivi un eroe.
Col tempo poi abbiamo imparato a conoscere i Bokken, le Wakizashi, i Tantò, tutti oggetti che usiamo in palestra per i Kata ma c’è un oggetto, uno in particolare che conosciamo davvero poco, forse perchè, erroneamente lo riteniamo un accessorio non troppo importante delle Katana, forse perchè all’ombra di una lama lucente ed affilata, questo piccolo circoletto di metallo ci sembrava davvero insignificante: la Tsuba.
La Tsuba o Elsa (o paramano) è invece uno degli elementi più importanti e riconoscibili di una spada da Samurai.
La Tsuba ha infatti un posto d’onore nella valutazione dei conoscitori e dei collezionisti, è questo elemento uno degli oggetti più ambiti da esporre nelle teche dei musei d’ogni parte del mondo. Le prime Tsuba furono ritrovate nelle tombe e nei Dolmen del popolo Yamato ( II sec. aC -VIII dC ), quando le spade erano a doppio tagliente e le Tsuba erano in semplice ferro e destinate al solo uso pratico.
Dal 1550 al 1600 però questa concezione cambiò e sulle Tsuba cominciarono a comparire i primi disegni in rilievo, realizzati in ottone (Jingo.Tsuba), il crisantemo (kiku), simbolo del potere imperiale, il fior di Ciliegio, Sakura, che simboleggiava la primavere, stagione cara ai Samurai perchè dava inizio alle battaglie, la Carpa, Koi, stoica ed insensibile e perfino la svastica che negli ideogrammi giapponesi rappresenta il numero diecimila e che da quindi un senso di infinito, basti pensare alla parola Banzai che è l’augurio di una vita lunga 10000 anni, erano alcuni dei temi preferiti dagli armaioli per essere rappresentati sulle loro Tsuba.
Con l’andar del tempo, le Tsuba divennero sempre più ricercate, disegni venivano realizzati in luce aperta, i particolari diventavano sempre più precisi ed il prestigio dell’armaiolo che le aveva realizzate dava alla spada e al Samurai che la possedeva un valore ancor maggiore.
Per un certo periodo, durante l’era Tokugawa, la più lunga e pacifica delle ere di cui la storia giapponese è scandita, le Tsuba vennero realizzate in oro massiccio ma queste servivano più a soddisfare le manie di protagonismo e di antagonismo tra i Daymio dei vari differenti casati. Questa usanza venne ben presto abbandonata anche a causa di un editto dello Shogun di Kyoto che proibiva l’utilizzo del prezioso metallo, relegandolo solo ad uso di alcuni dignitari esclusivi.
Le Tsuba insomma sono un elemento prestigioso del corredo del Samurai che purtroppo, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, vennero considerate, dagli occidentali che le commercializzavano, poco più di un ciondolo da utilizzare come portachiavi o di un esotico ferma carte.
Un’ultima curiosità poco conosciuta su questi oggetti. Spesso, soprattutto sulle Tsuba destinate alle Wakizashi, ai lati del foro centrale, destinato alla lama, si trovavano altri due fori, uno destinato alla Kozuka, un coltello sottile la quale lama correva parallela a quella della spada e uno destinato al Kogai, uno stiletto privo di fendente che spesso veniva utilizzato dai Samurai come spillone per capelli.
…ma di questo, se avrete voglia di leggermi, vi parlerò più avanti..
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